Nella letteratura giapponese, lo zuihitsu acquista una posizione di grande rilievo: allusivo, misterioso, a volte irriverente. A volte malinconico e instrospettivo. Nelle Note del Guanciale, primo esempio di zuihitsu, Sei Shōnagon ci restituisce in poche righe, la bellezza delle piccole cose.
Articolo aggiornato il 09/02/2022
In effetti, leggere oggi le Note del Guanciale ((枕草子 Makura no Sōshi) è un viaggio nella grazia, sottile ed estrema, che riveste e intesse il mondo dell’autrice del primo zuihitsu. Qui ve ne riportiamo un assaggio, tratto dalla sezione n. 151: “Particolari graziosi”.
“Un melone su cui è dipinto il viso di un bambino.
Un passerotto che, con uno squittio degno di un topolino, incomincia a volare (…).
Raccogliere da uno stagno una piccolissima foglia di loto galleggiante. Una minuscola foglia di altea.
In verità, tutte le cose piccole sono graziose.”
Sei Shōnagon, Note del Guanciale (sezione 151)
Chi è Sei Shōnagon, l’autrice del primo zuihitsu
Raccontarvi della sua vita non è certo cosa facile. Poco si sa infatti di questa scrittrice arguta e raffinata, vissuta a cavallo dell’Anno Mille, durante uno dei periodi più ferventi del panorama culturale giapponese, l’epoca Heian.
Oggi diremo che era una “figlia d’arte“.
In effetti, l’enorme talento per la scrittura che ne fece una delle scrittrici più famose dell’epoca (scrittrici donne, ricordiamolo, in un’epoca dominata dagli uomini), fu incoraggiato sin dalla tenera età dalla famiglia.
Il nonno, Kiyohara no Fukayabu, e il padre, Kiyohara no Motosuke, infatti, erano entrambi scrittori e poeti di rilievo.
Il vero nome della scrittrice pare fosse Kiyohara Nagiko.
Davvero poco si sa prima del suo arrivo a corte, in qualità di dama di compagnia dell’imperatrice Sadako, chiamata anche Teishi, moglie di Ichijō e della quale già parlammo a proposito di Myōbu no Omoto, il suo gatto.
Ella si sposò due, forse tre volte. Era più colta della media, padroneggiava la scrittura del cinese classico (pratica riservata agli uomini) e sapeva argomentare e discutere con gli altri dignitari con grande sagacia ed intelligenza.
Quando Sadako morì nel 1001, dando alla luce il suo terzo figlio, Sei Shōnagon e le altre dame protette dall’imperatrice, caddero in disgrazia.
Fu quella l’alba degli intellettuali favoriti dall’influente Fujiwara no Michinaga, che pochi anni prima era riuscito a dare in sposa all’imperatore Ichijō, già marito di Sadako, sua figlia Shōshi (Sì, avete capito bene! In quegli anni, il Giappone ebbe due imperatrici in contemporanea!!).
Giunti a questo punto, è naturale domandarsi come questi turbolenti eventi di corte abbiano influenzato Sei Shōnagon…
La bellezza delle piccole cose nelle Note del Guanciale
Le Note del Guanciale di Sei Shōnagon sono il primo esempio di zuihitsu (随筆).
Letteralmente zuihitsu è il “lasciar scorrere del pennello“, un’immagine molto poetica che arriva a definire un genere letterario molto particolare (di zuihitsu parliamo più diffusamente in quest’articolo).
Per la verità, alle Note del Guanciale, non seguirono molti altri esempi (bisogna aspettare il XIII secolo per lo Hōjōki di Kamo no Chōmei) e questo lungo testo rappresenta a tutti gli effetti un unicum nella storia giapponese.
Ciò che lo contraddistingue, e contraddistingue anche gli esempi successivi, è la frammentarietà.
Note del Guanciale, infatti, è composto da ben 317 sezioni del tutto indipendenti le une dalle altre, non solo per i temi trattati ma anche per la stessa lunghezza dei testi.
La traduzione della già citata sezione relativa al gatto dell’imperatrice, ad esempio, contiene circa 1000 parole; ma ce ne sono di più lunghe e certamente di più brevi: alcuni testi sono quasi più brevi dello stesso titolo, come quella che segue:
Soggetti ideali per un dipinto.
Il pino, un campo in autunno, un villaggio montano, un sentiero.
Sei Shōnagon, Note del Guanciale (sezione 117)
Si tratta di aneddoti (il gatto dell’imperatrice), ma anche elenchi di preferenze (come nell’esempio appena citato) ma anche di simpatie o avversioni.
Particolarmente simpatico è l’esempio seguente, tratto dalla sezione 127, “Situazioni imbarazzanti”:
Uscire per vedere chi ci chiama e constatare che non cercano noi. Ciò è imbarazzante soprattutto se devono consegnare un dono che non sia a noi destinato (…).
Sei Shōnagon, Note del Guanciale (sezione 127)
La scrittrice termina la sua raccolta con quest’ultima sezione, la 317:
In queste mie note, scritte per mitigare la noia di una vacanza a casa, ho voluto fermare quel che i miei occhi hanno veduto e che il mio cuore ha sentito, pensando che nessuno le avrebbe lette (…).
Sei Shōnagon, Note del Guanciale (sezione 127)
Sembra quindi che il suo intento fosse quello di mantenere le sue annotazioni e i suoi pensieri nascosti. Cosa accadde dunque?
Sembra che qualcuno sia andato contro la volontà di Sei di tenere le note nascoste per “farne un guanciale”, come lei stessa prosegue la sezione 127: tale Minamoto no Tsunefusa, governatore di Ise.
Che sia la verità o che sia un semplice artifizio letterario (a proposito dell’episodio narrato nella nota 102, infatti scrive: “ho preferito ricordarlo, perché tutti mi hanno esortato a non tralasciare, in queste note, alcun particolare“), non è in realtà dato saperlo.
Quello che emerge è un racconto, peraltro non l’unico, di un uomo che cerca di ottenere ciò che desidera, aggirando le rimostranze della donna e, cosa non meno importante, l’interesse da parte del pubblico maschile per quanto scritto dalla loro controparte.
Il dietro le quinte de Note del Guanciale
Sei visse nell’ambiente estremamente raffinato e culturalmente vivace della corte di Heiankyō, la Kyoto di allora. Il periodo storico, però, non era certamente dei più tranquilli!
Nonostante l’immagine di bellezza delle piccole cose che viene evocata nella lettura delle note di Sei Shōnagon, infatti, il periodo è assai turbolento, caratterizzato da lotte fratricide in seno ai Fujiwara, la famiglia allora al potere.
Sei Shōnagon, nei suoi zuihitsu, non ne fece quasi menzione.
Selezionò infatti sempre con grande oculatezza tutti i suoi soggetti, volendo trasmettere un’immagine del tutto idilliaca e serena della vita alla corte dell’imperatrice Teishi, sua amatissima benefattrice.
Quando però nel 995 morirono i fratelli Fujiwara allora al potere, Fujiwara no Michinaga di fatto assunse il controllo del potere. Come detto, diede in sposa all’imperatore, già sposato con l’imperatrice Teishi, sua figlia che nominò a sua volta imperatrice. Ebbe dunque inizio il decadimento dell’influenza di Teishi e di tutto il suo entourage, culminato poi con la morte dell’imperatrice consorte nel 1001.
Ma fu anche quello l’alba per una nuova storia, quella di Murasaki Shikibu, dama della figlia di Michinaga, autrice di uno dei romanzi più famosi dell’intera letteratura giapponese… Ma di questo parleremo in un prossimo articolo!
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FONTI:
- L. Bienati, A. Boscaro (2010). La narrativa giapponese classica. Venezia: Marsilio Editori. ISBN: 9-788831-705615
- Sei Shōnagon, (2014) Note del Guanciale, traduz. a cura di L. Origlia. Milano: SE
- Sei Shōnagon (aggiornata al 22/02/2021).
- SORENSEN, J. T. (2012). The Politics of Screen Poetry: Michinaga, Sanesuke, and the Court Entrance of Shōshi. The Journal of Japanese Studies, 38(1), 85–107 (consultato il 09/02/2022).
Immagini:
- 魚尽錦絵, Utagawa Hiroshige via Flickr (user: Stuart Rankin).
- Sei Shōnagon, illustrazione tratta dallo Hyakunin Isshu, via Wikimedia Commons (user: Ultratomio, Public domain).