Che rapporto esiste tra i Giapponesi e i gatti? In quest’articolo, parliamo del perché di questo rapporto intenso, quasi una storia d’amore che continua ai giorni nostri.
Articolo aggiornato il 22 Febbraio 2022
Chi non ha sentito parlare dei leggendari neko cafè, così celebri da aver fatto espatriare la loro filosofia fino a qui, in Italia (per la cronaca ve ne sono anche qui in Italia!)?
Oppure, chi non ha letto di datori di lavoro che, incredibilmente, lungi da quello stereotipo stakanovista cui siamo abituati a pensare, permettono e, anzi, incitano, i loro dipendenti a portare i propri gatti in ufficio per un po’ di relax?
E poi, naturalmente, chi non ha visto o sentito parlare di Doraemon o Torakiki?
E come non citare il maneki neko che ormai arricchisce gli ingressi anche dei nostri uffici e negozi?
Prima di esplorare, però, gli intricati meandri del mondo nei gatti all’interno della cultura giapponese, partiamo dal principio.
Come si dice “gatto” in lingua giapponese?
猫
猫, pronunciato “neko” è l’ideogramma di gatto… un kanji davvero interessante!
Qui approfondiamo il modo di scrivere giapponese
(e parliamo di Kanji, ideogrammi, alfabeti…)
Il kanji (carattere) che esprime la parola “gatto” è composto da due parti. Vediamole insieme qui sotto.
猫
La parte destra pare abbia solo un valore fonetico, in quanto si pronuncia byou (ビョウ) oppure myou (ミョウ) e ricorderebbe il verso del gatto, ma solo di quelli cinesi (in Giappone, invece, il miagolio è nya, ニャー).
La parte curiosa è a sinistra (la trascrivo qui: 犭) in quanto trattasi del radicale di “cane”!!!
Vi tranquillizzo subito dicendo che c’è una spiegazione (no, nemmeno in Giappone cani e gatti sono così amici, anche se…).
In ogni caso, prima che i caratteri di origine cinese (un tempo utilizzati anche in Giappone) venissero semplificati, la parte sinistra di “gatto” era questa: 豸. Non 犭. Vedete l’enorme differenza? E capite anche il motivo per il quale i Giapponesi abbiamo deciso di semplificarsi la scrittura… e la vita?
Perciò, nonostante a primo impatto possa sembrare il contrario, “cane” e “gatto” non condividono realmente il loro radicale!
Ed ora entriamo nel vivo dell’articolo: 5 motivi per i quali i Giapponesi hanno un rapporto così stretto con i loro amici felini!
5) Giapponesi e Gatti, un rapporto iniziato nel VI secolo
Innanzitutto, dovete sapere che i gatti sono arrivati ben dopo la nascita del Giappone.
Come per molte altre cose, anche il gatto è arrivato dalla Cina intorno al VI secolo d.C., insieme al modo di scrivere ed alle dottrine buddhiste.
E, se inizialmente il gatto fu soltanto un sostegno per la bachicoltura contro i topi, col passare del tempo, vennero utilizzati sempre contro i topi, ma nei templi, per evitare che questi roditori mangiucchiassero i manoscritti. Ad un certo punto, sembra addirittura che ci fosse un gatto per ogni tempio!
Sempre più intenso fu il legame con questo raffinato animale che gli stessi imperatori ne vollero condividere la compagnia!
4) Da Sei Shōnagon a Natsume Sōseki: i gatti nella letteratura
Ne parlò, ad esempio, l’imperatore Uda (867 – 931) nel suo diario, ma l’esempio più famoso risale al periodo intorno all’anno 1000.
Ne parlò infatti Sei Shōnagon, scrittrice di una delle opere letterarie classiche più celebri: Note del Guanciale.
Nella sezione 9, infatti, si racconta infatti che l’imperatrice consorte Teishi avesse un gatto chiamato affettuosamente Myōbu no Omoto, dove “Myōbu” era un appellativo riservato a talune nobildonne di corte!
In questa sede non parleremo, infine, del ruolo del gatto nella mitologia giapponese, ma si sappia che varie leggende esistono, alcune legate anche al Buddhismo, altre più al culto dei kami, gli déi.
Non volevo, però, terminare questo curioso articolo, senza menzionare il grande Natsume Sōseki e il suo famoso romanzo, Io sono un Gatto (Wagahai wa Neko de Aru, 吾輩は猫である), pubblicato nel 1905.
Il protagonista di questo romanzo è appunto un gatto il cui passatempo preferito è quello di origliare i discorsi del suo Padrone (così lo chiama) e commentarli con acume, ironia e un pizzico di cinismo.
Non potevo quindi non terminare questo excursus letterario con una sua citazione felina! Ci sarà da avere paura?
Gli umani per quanto forti non saranno in auge per sempre. Meglio attendere tranquillamente l’ora dei gatti.
Natsume Sōseki, Io sono un Gatto
3) I gatti nelle superstizioni giapponesi
Dai gatti della letteratura a quelli della superstizione.
In alcune aree del Giappone, infatti, si ritiene che chi uccide un gatto, anche involontariamente, attiri su di sé maledizioni per 7 anni!
Per scongiurare la maledizione, ci sono diversi modi di agire, a seconda della regione.
Ad Akita, ad esempio, si sputa 3 volte sul corpo del felino e gli si cammina intorno 3 volte. Alternativamente, lo si può lasciare in una foresta di bambù.
Naturalmente non sono superstizioni che vengono ossequiate da tutti, ma sicuramente sono un interessante, e forse macabro, spunto in merito al folklore del Paese del Sol Levante.
2) Dalle superstizioni alla realtà: le isole dei Gatti…
Quando iniziai a raccontare che studiavo giapponese, i miei amici subito mi dicevano: “Ma lo sai che in Giappone c’è l’isola dei gatti?”. Io non lo sapevo, quindi presumo che questa parte dell’articolo interessi più me che voi… Però sono sicura che qualche curiosità che andremo a raccontare stupirà anche voi.
Ebbene sì, esiste l’isola dei gatti, ma non ne esiste soltanto una!
La più famosa è certamente Aoshima (青島, lett. “isola blu”) e si trova nella prefettura di Ehime, nella regione dello Shikoku. Qui il numero dei gatti è 6 volte superiore a quello dei residenti.
Anche su quest’isola, i gatti arrivarono per necessità. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, infatti, i pescherecci, che portavano sostentamento agli isolani, erano invasi dai topi.
Fu così che la comunità locale decise di adottare un gruppo di gatti.
Da quel lontano 1945 il numero dei gatti è sensibilmente cresciuto fino ad arrivare al momento attuale in cui non soltanto i gatti aumentano, ma la popolazione diminuisce.
1) E oggi? Il 22/02 è il Neko no Hi, il Giorno dei Gatti!
I Giapponesi furono i primi a istituzionalizzare il loro rapporto di amicizia con i gatti.
Nel 1987, infatti, il Giappone fu il primo Paese al mondo a creare il Neko no Hi (猫の日), il Giorno dei Gatti.
Dal 1987, ogni 22 Febbraio, si ricordano i gatti.
Pare che la data sia stata scelta appositamente.
Il numero 2, che ricorre ben 3 volte in questo giorno (22/2) si pronuncia infatti ni in Giapponese. E, come abbiamo visto poche righe addietro, il verso del gatto è nyaa nyaa. Secondo alcuni, quest’assonanza motiva la ragione della scelta di questa data!
Che ne pensate? Conoscete altri motivi per i quali i Giapponesi siano così legati ai gatti?
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FONTI:
- Sei Shōnagon, (2014) Note del Guanciale, traduz. a cura di L. Origlia. Milano: SE.
IMMAGINI:
- PIXABAY (User: DiscoJesus);
- PIXABAY (User: BuffaloBrian);
- Cat Watching a Spider, 1888-1892, MET Museum (public domain).
Nella prossima vita voglio nascere gatto in Giappone!!!