Scivoliamo oggi nel cuore del credo del popolo Ainu. Dopo averne raccontanto molto sulla loro cultura, ed aver incontrato uno dei suoi più grandi studiosi, Fosco Maraini, siamo finalmente pronti ad introdurci nel loro mondo di credenze e leggende.
Una premessa: la lingua Ainu è orale
Una doverosa premessa, alla quale già demmo lieve accenno, è che la lingua Ainu è completamente diversa da quella giapponese. C’è, però, di più: infatti, gli Ainu non hanno mai sviluppato un sistema di scrittura e la loro lingua è solo orale.
Un patrimonio immenso di miti e leggende, ma anche canzoni d’amore e di buon auspicio per la pesca, oppure opere in prosa o versi dove si narrano gesta di eroi e vicende degli dèi entrati in contatto con il mondo degli uomini: tutto veniva trasmesso dal capo villaggio, ekashi, anziano autorevole e custode della memoria.
- Yukar o sakorpe: le saghe epiche. In epoca arcaica, venivano declamate sia da uomini che da donne; a partire dal XIX secolo le donne divennero le interpreti più dotate.
- Kamuy yukar: le vicende mitiche.
- Uwepeker o tuytak: i racconti del folklore.
Molte sono, dunque, le varianti di miti e leggende sviluppatesi non solo nel corso degli anni, non solo tra un territorio e l’altro, ma anche un villaggio e l’altro.
Il mondo secondo il popolo Ainu
Secondo gli Ainu, vi è uno stretto legame tra uomini, divinità e cose e, compito dell’uomo è creare e mantenere l’armonia tra le parti. Si sviluppa quindi una reciproca relazione tra uomini e divinità: mentre da un lato gli déi proteggono e tutelano gli uomini, e per tale ragione hanno il diritto di essere ricompensati, dall’altro, gli uomini vengono protetti ma sono anche tenuti a restituire quanto ricevuto.
Alle volte, può accadere che gli dèi si dimentichino degli uomini o che, addirittura, arrechino loro danno, ma solo nel caso in cui quest’ultimi siano stati poco rispettosi o attenti. Altrettanto gli uomini, però, possono lamentarsi se gli déi non si curano di loro.
All’inizio del video, con la Danza della Gru, sono riprodotte le eleganti movenze di quest’uccello.
Poi, si prosegue con la Danza di preghiera degli antenati, una dolce Ninnananna di una madre verso il suo bimbo e, infine, un canto che allontani gli spiriti del male. (Fonte: Siing.net)
– Animismo
Gli Ainu sono animisti. Ogni forma di vita esistente, per loro, ha un’anima: che sia una pianta o un animale, il vento o una stella, per gli Ainu, possiede un’anima che è del tutto uguale a quella dell’uomo. Non vi è nessuna distinzione o disparità tra l’uomo e le altre forme di vita.
D’altra parte, il mondo non è solo materiale ed è qui che introduciamo il concetto di kamuy.
— Chi sono i Kamuy
Quanto non è controllabile dall’uomo, che sia una creatura o un fenomeno naturale, è definito kamuy, traducibile con divinità. Anche uomini con caratteristiche eccezionali possono essere kamuy.
I kamuy, che possono essere di natura maligna o benigna, mentre abitano il mondo degli spiriti, assumono forma umana. Quando, invece, vengono nel mondo degli uomini, assumono forma di animale o pianta.
Kamuy sembra anche essere il termine da cui deriva il termine giapponese kami (神), ovvero dio, divinità, spirito soprannaturale.
— Cos’è il Ramat
Legato al concetto di kamuy, vi è quello di ramat. Ma se il concetto di kamuy è complesso da spiegare, ramat lo è ancor più.
Neil Gordon Munro (per approfondire, si veda il primo viaggio in Giappone di Maraini) ci provò, chiedendo ad un gruppo di anziani Ainu di spiegarlo.
Kotan-Pira disse che il ramat è la spina dorsale della religione degli Ainu. Rennuikesh, 80 anni, uomo vivace ed intelligente, che viene dal Nord dello Hokkaido, disse: “Ciò che non ha ramat non ha niente”. Nisukrek e altri anziani erano d’accordo nel dire: “Il ramat pervade ogni cosa ed è indistruttibile”. Uesanash disse: “Il ramat è ovunque”.
Munro, N. J. (1962) Ainu Creed and Cult, London, Routledge & Kegan Paul
Non esiste un vero equivalente in italiano o inglese, sempre secondo Munro. Il significato più prossimo è quello di anima/soul.
Non appena un oggetto si rompe o viene bruciato, il ramat lo lascia. Quando, però, una creatura vivente, compreso l’uomo, muore, il ramat si trasferisce in un altro luogo, ma non muore anch’esso. Per questo motivo, nel luogo della sepoltura, spesso si trovano oggetti rotti o bruciati, i cui ramat possano accompagnare il ramat del defunto.
Se, come dicevamo prima, non vi è distinzione o disparità tra l’uomo e le altre forme di vita, vi è quindi una distinzione tra ciò che possiede e ciò che non possiede il ramat.
Ora, con questi due concetti, possiamo continuare il nostro viaggio nel mondo, come visto dal popolo Ainu.
– Il mondo visto dagli Ainu: Cosmologia
In lingua Ainu, “mondo” è detto moshir, parola che sembra derivi dalla combinazione di mo (moderazione, pace) e shir (terra o montagna, ma anche paese o isola).
Nella tabella seguente, vediamo le tre sezioni verticali in cui è suddiviso il mondo, a loro volta poi frazionate in parti più piccole.
Kamuy Moshir o Kanto | Il mondo superiore, la terra degli déi. È anche il luogo dove approdano le anime degli esseri umani destinate al paradiso. Condurranno qui una vita molto simile a quella condotta in terra. |
Ainu Moshir o Kanna moshir | Il mondo degli esseri umani (“Ainu” significa uomo). Qui risiedono uomini, animali e piante ma anche le creature soprannaturali che possono essere sia benevole sia malevole |
Pokna Moshir, il Teine-Pokna Moshir e altri mondi | Il mondo inferiore, gli Inferi. Qui, nonostante differenti versioni, si ritiene che approdino le anime degli esseri che non si sono meritate il paradiso in vita. |
— L’asse centrale ed il ruolo degli inau
Le tre sezioni sono collegate tra loro da un asse centrale, che si manifesta in diversi elementi, come la Stella Polare, gli alberi, le montagne sacre o altri oggetti che rappresentino questi elementi. Ogni montagna sacra è contrassegnata da un albero, altrettanto sacro, che guida e protegge i viandanti.
Ed è qui che torniamo a parlare di inau. Essi, infatti, venivano apposti al centro della casa e nel suo lato orientale, come divinità protettive. All’esterno, altri ne venivano apposti su di un altare a forma di montagnola, collocato nella direzione sacra, che variava stagionalmente. Erano di forme e grandezze diverse, a simboleggiare differenti divinità. Inoltre, sempre in ambito domestico, una coppia di inau poteva essere esposta all’ingresso della casa a simboleggiare l’albero cosmico che connetteva i tre mondi.
Gli inau, utilizzati anche dagli sciamani nel corso delle sedute rituali, sembrano essere associati agli uccelli. Tale credenza pare si rifaccia ad un antico credo siberiano, secondo il quale l’albero cosmico può toccare le vette più alte del cielo.
FONTI:
- Tanaka, S. (Sherry). (2000). The Ainu of Tsugaru : the indigenous history and shamanism of northern Japan (T). University of British Columbia.
- Sovilla, S. (2015/2016). La Cosmologia della popolazione indigena Ainu. Università Cà Foscari, Venezia. Relatore Prof. Bulian G.
- Fabbri D. (2014/2015). Gli Ainu di Hokkaido: il popolo del dio orso attraverso le fotografie di Fosco Maraini. Alma Mater Studiorum, Università di Bologna. Relatrice Prof.ssa Sbardella F.
- Sakata, M. (2011). Possibilities of Reality, Variety of Versions: The Historical Consciousness of Ainu Folktales. Oral Tradition 26(1), doi:10.1353/ort.2011.0003 (testo consultato il 02/04/2021)
- Nonno T. (Mar 2015). On Ainu etymology of key concepts of Shintō: tamashii and kami. Cultural Anthropology and Ethnosemiotics, Vol. 1, № 1 (testo consultato il 02/04/2021)
- Munro, N. J. (1962) Ainu Creed and Cult, London, Routledge & Kegan Paul
bellissimo il video con canti e danze delle donne Ainu, e molto interessante, tra l’altro per me condiviso, il racconto sul mondo e le credenze Ainu!
sì, il video è veramente eccezionale. Un’impronta leggera di qualcosa che si sta spegnendo…