Se si parla di leggende metropolitane, il Giappone è davvero un maestro di racconti horror. Queste storie di paura sono infatti infarcite di creature e fantasmi spaventosi e spesso prendono spunto da fatti realmente accaduti.
Si chiamano toshi densetsu (都市伝説, letteralmente ‘racconti di città’) e sono le leggende metropolitane giapponesi che raccontano di creature, fantasmi, donne e uomini a metà tra due mondi. Molte di questi racconti urbani prendono spunto da fatti di cronaca, mentre altre traggono origine da lontani racconti del folklore popolare.
Queste storie hanno tutte un filo conduttore: sono leggende così spaventose che faranno accapponare la pelle anche al più coraggioso tra voi.
Leggende metropolitane giapponesi horror: 10 storie da (veri) brividi
- Tra le leggende metropolitane più spaventose, la Donna dalla Lingua Tagliata: la Kuchisake-Onna
- Okiku, la bambola posseduta che viene dall’Hokkaido
- Teke Teke, una delle leggende metropolitane giapponesi più agghiaccianti
- Hanako-san, la spaventosa storia dello spirito che infesta i bagni delle scuole
- Aka Manto: i colori uccidono
- La leggenda di Gozu, testa di mucca: la storia più raccapricciante di tutte
- Jinmenken: la leggenda urbana dei Cani dal volto umano
- Sukima Onna: l’inquietante leggenda della Gap Girl
- Kune Kune: un racconto dell’orrore giapponese nato nel web
- Kokkuri-san: la leggenda horror del gioco che non lascia scampo
Leggende metropolitane giapponesi horror: 10 storie da (veri) brividi
Tra le leggende metropolitane più spaventose, la Donna dalla Lingua Tagliata: la Kuchisake-Onna
La storia della Kuchisake-Onna (口裂け女), ovvero della ‘donna dalla bocca tagliata‘ è viva in Giappone da secoli. Nella seconda metà del Novecento, le cronache si riempirono nuovamente di questo personaggio che sembrava ormai scomparso.
Forse la Kuchisake-Onna esiste davvero?
Clicca qui per guardare il video della leggenda della Kuchisake Onna!
L’antico racconto horror della Kuchisake-Onna
Un antico racconto, forse risalente al periodo Heian (794-1185), narra la storia di una giovane donna tanto bella quanto vanitosa, sposata ad un samurai molto geloso di lei.
Accadde un giorno che il marito la sorprese mentre lei lo stava tradendo. In preda alla rabbia, il samurai afferrò la katana e le aprì la bocca da un orecchio all’altro.
Su tutte le furie, gridò: “Chi ti dirà che sei bella ora?“.
Si narra che da allora nelle notti di nebbia una donna con il volto coperto da una mascherina fermi gli ignari passanti chiedendo: “Mi trovi bella?“.
Il povero viandante non sa che la domanda è un inganno. Qualunque sia la risposta, infatti, la donna poi ripete la domanda, questa volta togliendo la mascherina: “Mi trovi bella?”.
Come in tutte le leggende, ci sono diversi finali, alcuni più agghiaccianti di altri.
Se il viandante scappa terrorizzato, la Kuchisake Onna potrebbe scoppiare in una risata spaventosa, oppure rincorrere l’uomo e mangiargli la testa. In altri casi, potrebbe rincorrere il malcapitato fino alla soglia di casa e trafiggergli il volto nello stesso modo da lei subito…
La leggenda della Kuchisake-Onna nel Giappone odierno
Sono passati quasi 1000 anni eppure è solo da pochi decenni che la protagonista di questo antico racconto horror è divenuta nuovamente parte di una delle leggende urbane giapponesi più spaventose.
Sul finire degli Anni Settanta, infatti, sembra che una figura dal volto coperto terrorizzasse le periferie più cupe del Giappone.
Fermava passanti, ma soprattutto bambini che frequentavano le elementari e studenti dell’università, chiedendo: “Mi trovi bella?“.
Se lo sventurato rispondeva di no, la donna lo uccideva a colpi di forbici. Se rispondeva di sì, la sorte non era migliore. La donna si scopriva il capo e ripeteva la domanda. Se la risposta restava sì, la donna si sentiva presa in giro e trafiggeva il volto del malcapitato. In caso contrario, lo tagliava in due.
Questa spaventosa leggenda fu causa di molto disordine pubblico e per lungo tempo i bambini terrorizzati non vollero più andare a scuola…
Okiku, la bambola posseduta che viene dall’Hokkaido
Forse questa storia non è una delle leggende metropolitane più spaventose, ma racconta una storia che continua a far rabbrividire i Giapponesi ancor oggi.
Si racconta che sul finire degli Anni Venti un diciassettenne in viaggio in Hokkaido abbia comprato una bambola da regalare alla sorellina di due anni, Okiku.
Le bambole sono molto importanti nella cultura giapponese, basti pensare al Festival delle Bambole (lo Hinamatsuri, 雛祭り) che si tiene ogni anno nel mese di Marzo.
La bimba si affezionò tanto a quella bambola dal kimono bianco e rosso e gli occhi neri, tanto da darle il suo nome.
Purtroppo Okiku non poté giocare a lungo con la sua bambola perché molto presto la polmonite la portò via. Al momento del funerale, però, ci si dimenticò di seppellire con lei la sua amata bambola. Venne deposta solo successivamente sull’altare dedicato alla piccola.
Giorno dopo giorno, però, ci si accorse che i capelli della bambola Okiku continuavano a crescere. I familiari decisero di fare un esperimento e di tagliarli. Quale stupore quando videro che i capelli della bambina erano di giorno in giorno più lunghi!
Quando il fratello di Okiku, Eikichi, dovette partire per la guerra nel 1938, la bambola venne affidata al Tempio di Manneji, situato nella città di Iwamizawa (Hokkaido). Quando ritornò qualche anno dopo, Eikichi vide con stupore che i capelli della bambola erano continuati a crescere, come se lo spirito di Okiku fosse rimasto per sempre intrappolato nel corpo della bambola.
Ancora oggi la bambola si trova nel Tempio di Manneji: i suoi lunghi capelli neri vengono tagliati il 21° giorno di ogni mese…
Teke Teke, una delle leggende metropolitane giapponesi più agghiaccianti
Teke Teke (テケテケ oppure てけてけ) è il rumore che questa creatura provoca quando si muove.
Essa è classificata come Onryō (怨霊, letteralmente ‘spirito che cerca vendetta‘) e, in effetti, ora che leggerete la sua storia ne capirete la ragione.
Teke Teke è il fantasma di una ragazza caduta sulle rotaie il cui corpo venne tagliato in due dal passare di un treno.
Da allora, il suo spirito vaga di notte infestando le aree urbane attorno alle stazioni, alla ricerca delle sue estremità perdute. Il suo corpo, che si trascina solo con la forza dei gomiti e delle mani, causa un suono un po’ strano, una sorta di “teke teke“.
Guai a udirlo, però.
Proprio come la Kuchisake Onna, se Teke Teke incontra un passante sulla via, lo insegue fino a raggiungerlo e, usando la falce che porta con sé, gli fa subire la stessa sorte toccata a lei…
Alcuni dicono che Teke Teke sia lo spirito di Kashima Reiko, una giovane ragazza uccisa da un treno che la tagliò in due sulle rotaie.
Si dice che anche solo udire la storia di Kashima Reiko sia un terribile presagio: nell’arco di 30 giorni, infatti, Teke Teke apparirà a colui che ha udito troppo.
Da questa storia è stato tratto un film, Teke Teke, uscito nelle sale nel 2009 e diretto da Kōji Shiraishi.
Hanako-san, la spaventosa storia dello spirito che infesta i bagni delle scuole
Toire no Hanako-san (トイレの花子さん, ‘Hanako delle toilet’), o semplicemente Hanako-san (花子さん), è classificata come Yōkai (creatura soprannaturale) o come Yūrei (spirito). Hanako-san è una delle leggende urbane giapponesi più famose e più inquietanti.
Lo spirito di Hanako-san, infatti, è quello di una giovane ragazza che infesta le toilette delle scuole. Il suo aspetto cambia a seconda della zona, ma, in genere, lo spirito porta il bob e indossa una gonna rossa oppure un abito.
Ci sono tanti racconti sulle origini di Hanako-san, rese anche più vivide dalle storie che si narrano nelle scuole. Hanako-san era forse una ragazza vissuta durante la Seconda Guerra Mondiale e che morì tra le macerie durante un raid aereo mentre giocava a nascondino. Hanako-san era forse una bambina uccisa da uno dei genitori o da un estraneo. Oppure una ragazzina che si uccise nei bagni di una scuola.
Si dice che per evocare Hanako-san sia necessario entrare in una toilette femminile collocata al terzo piano di una scuola e bussare per 3 volte al terzo bagno, chiedendo se lei è lì. Se c’è, Hanako risponderà di sì.
Si racconta che a quel punto alcuni abbiano avuto visioni spaventose, come di mani sanguinolente o addirittura di Hanako-san stessa che, afferrata la persona, la porta direttamente all’Inferno.
In altre versioni, se Hanako-san è presente, fa mangiare la testa di chi bussa da una lucertola a 3 teste, mentre urla che non bisogna invadere la sua privacy.
Anche qui, film, manga e videogiochi sono cresciuti in abbondanza intorno alla leggenda di Hanako-San. Uno dei più famosi, Toire no Hanako-san, uscì nel 1995 e venne diretto da Joji Matsuoka.
Lasciati incuriosire da altre storie di Yōkai qui!
Aka Manto: i colori uccidono
Aka Manto (赤マント, letteralmente ‘mantello rosso‘) è una storia che ricorda la leggenda di Hanako-san, ma, se possibile, incute ancora più terrore.
Alcune volte viene chiamato anche Akai Kami Aoi Kami (赤い紙青い紙, ‘foglio rosso, foglio blu‘) oppure Aoi Manto (青マント, ‘mantello blu‘). Scopriremo infatti che in questa leggenda metropolitana i colori sono davvero importanti. Così tanto da poter uccidere.
Aka Manto è infatti uno spirito (Yōkai) che infesta le toilette delle scuole. Alcuni dicono che infesti le toilette femminili, altri invece che si trovi solo nell’ultimo bagno. Insomma, mai andare nella toilette di una scuola giapponese!
Lo spirito indossa un mantello rosso e una maschera, ma alcuni dicono che, anche così bardato, sia molto affascinante.
La leggenda di Aka Manto racconta che lo spirito si manifesti alle persone in bagno, chiedendo se vogliano carta rossa e carta blu. In alcune versioni, chiede se preferiscano un mantello rosso o uno blu.
Se l’interrogato sceglie il rosso, Aka Manto lo ucciderà e il suo corpo affogherà nel sangue. Secondo una variante, Aka Manto toglierà la spina dorsale dello sventurato e avvolgerà il proprio collo con il corpo disossato.
Se sceglie il blu? Il destino non è certamente migliore. La persona verrà strangolata con una tale forza da far uscire il sangue dal corpo.
Nemmeno cercare di ingannare lo spirito scegliendo un altro colore salverà il malcapitato che verrà condotto direttamente nell’altro mondo.
Si dice però che ignorare completamente lo spirito o dirgli che non si desidera niente faccia andare via lo Aka Manto. Vale certamente la pena di tentare.
La leggenda di Gozu, testa di mucca: la storia più raccapricciante di tutte
Gozu (牛頭, letteralmente ‘testa di mucca‘): una delle leggende horror giapponesi che letteralmente non può essere raccontata. Così terribile che nessuno la può conoscere interamente senza subirne le fatali conseguenze.
Pare che nel Seicento sia stato scoperto in Giappone un racconto talmente orribile da far tremare di paura per giorni chiunque lo leggesse. Il racconto di Gozu venne dunque definito pericoloso e tutte le copie trovate date alle fiamme. Per questo motivo, secondo la leggenda, oggi non se ne conoscono che pochi stralci.
Tutto ciò che si sa è che durante uno dei viaggi in autobus di una gita scolastica, un insegnante, per passare il tempo, decise di raccontare agli alunni la leggenda di Gozu, la testa di mucca.
All’inizio erano tutti interessati a questo racconto del folklore. Poi, però, si iniziarono ad avvertire i primi segnali di disagio. I ragazzi non volevano più ascoltare e cercavano di urlare all’insegnante di fermarsi. L’insegnante, però, sembrava in trance e non riusciva a smettere di raccontare la storia.
Quando l’insegnante si riebbe si rese conto che l’autobus era precipitato in un canale e gli alunni erano svenuti e avevano la schiuma alla bocca. Lo stesso autista era terrorizzato.
Nessuno seppe mai cosa successe dopo a quella scolaresca. Ciò che si sa è che quella storia non venne mai più raccontata.
Jinmenken: la leggenda urbana dei Cani dal volto umano
La leggenda dei Jinmenken (人面犬, letteralmente ‘cani dal volto umano’) divenne molto popolare tra Sei e Ottocento. Non sono creature particolarmente pericolose e solitamente non fanno male all’uomo.
I Jinmenken, però, vagano di notte e se vengono approcciati da qualche passante rispondono in malo modo, dicendogli di voler essere lasciati in pace.
Vedere questi cani dal volto umano è stato ritenuto per lungo tempo un cattivo presagio e, per questa ragione, i Jinmenken sono spesso ritenuti causa di incidenti e disastri.
Recentemente sono stati avvistati alcuni esemplari di Jinmenken. All’inizio parevano dei semplici cani ma poi, avvicinandosi, si capiva che la sostanza era ben diversa. Alcuni sostengono però che i Jinmenken non siano altro che dei macachi. Il corpo assomiglia a quello dei cani e il volto sembra proprio quello umano…
Sukima Onna: la leggenda della Gap Girl
Se mentre siete in casa avvertite qualche strano rumore e, per tranquillizzarvi, pensate che sia il vento, in realtà potreste avere a che fare con la Sukima Onna. Uno spiritello di pochi millimetri che riempie di inquietudine anche la familiarità della propria casa. Come?
La Sukima Onna (隙間女, letteralmente ‘la donna delle fessure’) è nota soprattutto al di fuori del Giappone con il nome di ‘Gap Girl‘ (o ‘Gap Woman‘).
Essa è uno Yōkai che spia il malcapitato nascondendosi in ogni pertugio della sua abitazione. Potrebbe essere una fessura nel muro o nel mobilio, un cassetto semi aperto oppure lo spazio al di sotto del letto o del divano. Non ci sono fessure abbastanza piccole per lei. Pare che l’unico modo di sfuggire al potere della Sukima Onna sia quello di coprire ogni singolo buco presente in casa con un nastro.
La storia della Gap Girl pare sia stata portata alla luce da un samurai, Negishi Yasumori, che era riuscito a collezionare un gran numero di storie, leggende e racconti del folklore giapponese. Una di queste storie era appunto la leggenda della Sukima Onna.
Si narra che un giovane uomo, che viveva da solo nella propria casa, avesse il sentore di qualcosa o qualcuno che lo stava spiando. Per quanto egli cercasse non riusciva però a trovare alcunché.
A mano a mano che il tempo passava, questa idea lo rendeva sempre più inquieto e non riusciva a trascorrere un solo minuto senza pensarci. Era infatti sicuro che qualcuno stesse vivendo a casa sua. Continuò a cercare, ormai in bilico tra sanità e follia. Infine la trovò. La Sukima Onna lo stava osservando da una minuscola fessura tra l’armadio e la parete.
Cosa accade a chi incrocia lo sguardo della Gap Girl? In realtà, nessuno può raccontarlo. Nel momento stesso in cui i propri occhi la vedono si è istantaneamente portati in un luogo dal quale non si farà mai più ritorno. Alcuni dicono sia proprio l’Inferno.
Questa storia acquisì sempre più popolarità fino a divenire una delle leggende metropolitane giapponesi più famose. Dalla sua storia è stato tratto anche un film del 2014, ‘Sukima Onna‘, del regista Jiro Nagae.
Kune Kune: un racconto horror giapponese nato nel web
Kune Kune (くねくね o クネクネ) è un’espressione onomatopeica che sottintende qualcosa di sinuoso e che si contorce. Si tratta di una delle leggende metropolitane giapponesi più recenti, essendo nata su 2channel, una delle più popolari community giapponesi, nel 2001. Recente sì, ma non per questo meno spaventosa.
Il Kune Kune, nei diversi racconti che si sono sviluppati intorno al suo personaggio, è un essere dalla forma umanoide, snella e dal colore bianco. Sembra quasi fatto di carta o di tessuto ed è solito comparire nel mezzo delle campagne nelle giornate estive più afose. Il suo nome, Kune Kune, pare nasca dal suo strano modo di dimenare gli arti costantemente, come se un vento innaturale soffiasse sulla sua figura di continuo.
Kune Kune non può essere visto da vicino, ma solo da una certa distanza. Anzi, anche guardarlo troppo a lungo da lontano non è ritenuta cosa saggia. Vederlo da vicino è ancora più pericoloso. Secondo alcuni, infatti, si impazzisce. Colui che si avvicina troppo o addirittura osa toccarlo finisce con il morire. Pare che l’unico modo per sfuggire a questa creatura sia quella di ignorarla.
Per molti Kune Kune è frutto delle allucinazioni nelle giornate particolarmente calde. Per altri è semplicemente uno spaventapasseri. Nessuno, però, si è mai azzardato a controllare…
Kokkuri-san: il gioco che non lascia scampo
Kokkuri (狐狗狸) è la versione giapponese della tavola Ouija, usata per le comunicazioni medianiche.
In Giappone, però, anziché utilizzare una tavoletta già provvista di lettere e planchette, si scrivono i caratteri dell’alfabeto hiragana su un foglio e si utilizza una moneta. Dopodiché la domanda a Kokkuri-san è posta. Come la tavola Ouija è divenuta famosa nelle culture d’ogni dove e ha stimolato un universo di leggende ma anche un proliferare di film e serie TV, così Kokkuri-san in Giappone.
Kokkuri-san è infatti protagonista di diverse leggende urbane raccontate nelle scuole e quasi mai a lieto fine. Per alcuni, Kokkuri è in grado di predire la data della morte, per altri è un gioco cui bisogna partecipare fino in fondo senza sotterfugi. Soprattutto, una volta finito, bisogna salutare convenientemente Kokkuri-san e disfarsi di tutti gli oggetti usati: spendere la moneta, terminare l’inchiostro della penna.
Se ci si dimentica anche solo di un passaggio, Kokkuri-san non sarà benevolo e i partecipanti andranno incontro ad una sicura rovina, finanche alla morte…
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FOTO:
- Periferia di Tokyo: tokyoform, CC BY-NC-ND 2.0, via Flickr.
- Teke Teke: Dr.Lantis, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons.
- La scolaresca in gita: Benh LIEU SONG from Torcy, France, CC BY-SA 2.0, via Wikimedia Commons.
- Interni di una casa giapponese: Héctor García, CC BY-NC-SA 2.0, via Flickr.