Statue di Jizo in Giappone: chi è il dolce protettore di bambini e viaggi

Anche chi non ha mai percorso le strade del Giappone, ha sentito parlare di Jizo, oppure ne ha vista un’allegra rappresentazione in fotografie o statue.

Jizo (in realtà Jizō, 地蔵, traducibile con “Ventre della Terra“) è il nome di una divinità approdata in Giappone grazie al Buddhismo.

Di statue di Jizo è coperto il Giappone e sicuramente, chi ne vede l’espressione sorridente e giocosa è colto da un profondo senso di umanità e calore. Spesso recano cappellini e sciarpe di colore rosso e accolgono i visitatori lungo le strade e l’ingresso di templi. Inoltre, sono spesso protagonisti di simpatiche storie del folklore.

In verità, però, quelle statue di Jizo sorridenti restituiscono anche uno spaccato di un Giappone povero, sul finire dell’epoca feudale. In questo articolo, cercheremo di riportarlo alla luce.


Chi è Jizo, il bodhisattva protettore di coloro che soffrono in Giappone

chi è jizo giappone

Per molti studiosi, Jizo non è una divinità da riconoscere all’interno del ricco pantheon buddhista. Troppo legata al folklore giapponese, per molti Jizo sembra aver perso la propria connotazione religiosa.

Eppure, Jizo è un bodhisattva.

Per riassumere, un bodhisattva è un essere che, pur avendo raggiunto l’Illuminazione, sceglie di rinunciare momentaneamente al Nirvana per dedicarsi agli esseri umani che hanno bisogno di lui.

In altre parole, ciò che spinge le azioni di un bodhisattva è la compassione verso gli altri esseri. Rinunciando temporaneamente al Nirvana, egli cerca di aiutare le persone in difficoltà a raggiungerlo per loro conto.

Tradizione vuole che egli risponda alle preghiere dell’umanità, con una particolare accezione. Jizo infatti è anche il protettore di coloro che soffrono nell’aldilà. Più che altro, è il protettore di coloro che si avviano tra un mondo e l’altro.

Per alcuni, è addirittura intercambiabile con Enma ō (閻魔王), Signore dell’Inferno giapponese, ma per altri si tratta di due entità separate. Enma ō, rappresentato a tinte ben più fosche rispetto all’allegro Jizo, conosce assai bene l’animo umano e impartisce pene tanto severe quanto sono le colpe. Jizo, dal canto suo, cerca di mitigarne il volere.

Una divinità mediatrice, in bilico tra il mondo dei vivi e l’aldilà, Jizo è però più noto come protettore di bambini e viandanti.

Jizo, il protettore dei bambini piccoli

statue di jizo in giappone

Si prega Jizo per un parto senza intoppi, per far guarire i propri bambini, ma anche per fare in modo che piangano poco la notte.

Jizo, però, è anche signore dell’aldilà, e come tale veglia sui bambini che sono morti troppo presto per poter rendere omaggio ai propri genitori. Alcuni non sono nemmeno mai nati.

Una leggenda molto triste racconta che questi bimbi vivano in una sorta di eterno limbo, denominato Sai no Kawara (le rive del fiume Sai).

La Leggenda dei bambini di Sai no Kawara

ATTENZIONE: Leggete questa storia soltanto se ve la sentite, perché è una storia colma di pena e tristezza. Inoltre, non si tratta di una cosa a cui credono in assoluto tutti i Giapponesi, ma di svariate leggende diffuse nella credenza popolare. Se non ve la sentite, passate al paragrafo successivo.

Il limbo descritto in queste leggende non è molto diverso dal limbo dantesco o dal limbo di alcuni miti greci.

Sai no Kawara, ovvero le rive del fiume Kawara, è un luogo intermedio, dove le anime di coloro che non hanno potuto ricevere gli insegnamenti di Buddha sono costretti a restare. Ecco che qui ci sono tutti quei bambini che, pur innocenti, sono arrivati nell’aldilà troppo presto per imparare a discernere tra bene e male.

Dal momento che non sono riusciti a rendere omaggio ai loro genitori per il dono della vita e non sono riusciti a prendersi cura di loro in vecchiaia, questi bimbi sono raccolti in questo luogo. Ogni giorno raccolgono pietre e ciottoli per costruire dei piccoli stupa da dedicare ai loro cari. Quando il lavoro sembra compiuto, dei demoni demoliscono le costruzioni e i bambini devono ricominciare ogni giorno daccapo. Jizo resta con loro, ma non può fare altro che consolarli.

In alcune versioni della leggenda un po’ più rasserenanti, il bodhisattva Jizo gioca con i bambini mentre questi ultimi si danno da fare. Una volta costruiti degli stupa sufficientemente grandi da riuscire a guadare il fiume, i bambini possono recarsi nell’aldilà vero e proprio, ed essere giudicati. Si tratta di una promessa di reincarnazione e, dunque, della promessa di giungere all’Illuminazione.

Jizo, però, non interviene mai. Non scaccia i demoni e non fa il lavoro al posto dei bambini. Il suo compito è quello di proteggerli quando hanno paura e incoraggiarli quando devono continuare il loro lavoro. E, per alcuni, non è questa l’essenza della religione?


Jizo, il protettore di viandanti e viaggiatori

Viaggiando per il Giappone, capita senza dubbio di imbattersi nelle statue di Jizo, spesso avvolte in caldi vestitini rossi. Lungo le strade, all’ingresso dei templi, nei cimiteri, queste piccole figure di pietra accompagnano da secoli viandanti e viaggiatori.

Dopotutto, Jizo è protettore delle anime che migrano da un luogo all’altro ed è colui che ha rinunciato al proprio Nirvana per aiutare gli altri nel loro percorso.

Dunque, Jizo protegge anche i viaggiatori e non importa che il loro percorso sia fisico o spirituale. Egli incoraggia il viandante lungo la strada, ma non compie per lui il percorso, non si addossa su di sé le fatiche. Jizo, però, c’è, ed è lì pronto ad attendere chi gli si affida, in ogni angolo del Giappone. Semplicemente guardare una delle sue sorridenti statue nel proprio cammino è un’esperienza che infonde pace e serenità.


Statue di Jizo: come la divinità si manifesta agli uomini

Secondo i racconti, Jizo appare in vesti diverse a seconda di chi lo invoca, ma generalmente nell’iconografia giapponese è rappresentato come un monaco, o una monaca, dagli abiti assai semplici. Anziché le ricche vesti e la corona che spesso contraddistinguono gli altri bodhisattva, Jizo è una figura semplice, alla portata di tutti.

Come vedremo tra poco, sono spesso adorni di berretti e sciarpe in lana, solitamente tinti di un benaugurale colore rosso.

Il volto è sereno, disteso, quasi fanciullesco, scolpito nella pietra, un materiale che da sempre è associato con la protezione.

Nelle statue, normalmente Jizo viene rappresentato in piedi:

  • nella mano destra reca il shakujō (錫杖, chiamato anche Khakkhara), ovvero un bastone la cui parte superiore è adorna di anelli di metallo. Viene usato principalmente durante le cerimonie buddhiste;
  • la mano sinistra, invece, reca il nyoihōju (如意宝珠, chiamato anche Cintāmaṇi), ovvero il gioiello che nella tradizione indù si dice esaudisca ogni desiderio.

Quando Jizo è rappresentato seduto, normalmente nella posizione del loto, di solito regge quest’ultimo gioiello con entrambe le mani.

Gli Enmei Jizō (延命地蔵) sono invece quelle statue con un piede poggiato a terra, come se fossero sempre sul punto di correre in aiuto di qualcuno.

Statue più piccole, o anche semplici raffigurazioni su pietra, mostrano Jizo che prega, saluta oppure che reca in mano un fiore di loto. Si chiamano Dōji Jizō (童子地蔵, i “Jizo bambini”) e solitamente sono custodi dei luoghi in cui sono sepolti dei bambini. A volte ci sono i loro nomi, altre invece semplicemente la scritta dōji o dōnyo, rispettivamente “bambino” o “bambina“. Ricordatele, perché di loro parleremo di nuovo, tra poche righe.

Non è raro, infine, incontrare statue divise in piccoli gruppi da sei: sono i Roku Jizo.


I Jizo che proteggono i 6 Reami dell’Esistenza: i Roku Jizo

roku jizo

Spesso si trovano statue di Jizo in gruppi di sei. Sono chiamati Roku Jizo (六地蔵, ovvero “sei Jizo”) e ciascuno è il guardiano di uno dei 6 Reami in cui è diviso il mondo secondo il credo buddhista.

  1. Gli dèi (devas). Un reame divino che si raggiunge solo grazie ad un buon karma. Tuttavia, anche indugiare in questo luogo sarà segno di attaccamento e quindi non porterà all’Illuminazione.
  2. Gli uomini (manuṣya), un reame fortunato, perché porta gli esseri sulla buona strada verso il Nirvana.
  3. I semi dèi (asura), il terzo reame dell’esistenza. Gli esseri sono spesso in conflitto con i due reami superiori e quindi per molti si tratta di uno dei reami dei dannati.
  4. Gli animali (tiryag), reame ritenuto simile all’Inferno. Gli animali, infatti, secondo i testi sacri, sono guidati da impulsi e istinto.
  5. Gli spiriti tormentati (preta), dove ci si reincarna a causa della propria cattiva condotta o dell’eccessivo attaccamento alle cose. Per questo motivo, gli spiriti qui non hanno corpo, ma hanno costantemente fame e sete.
  6. L’inferno (naraka), dove si finisce se si commettono particolari crimini. A differenza del classico Inferno cristiano, però, anche questo reame è temporaneo. Una volta scontata la propria pena, un’anima può reincarnarsi in uno dei reami successivi.

Come e quando si ricorda Jizo in Giappone? I rituali legati al suo culto

Essendo Jizo un bodhisattva legato all’aldilà, quale miglior modo di ricordarlo se non durante il Festival di Obon a fine Agosto? Durante questo festival, infatti, i confini tra mondo dei vivi e defunti finalmente si aprono, generando una delle occasioni di festa più importanti dell’anno.

Vediamo ora le due principali occasioni legate al culto di Jizo.

offerte alla statua di jizo

Il Kinomoto Jizo Ennichi Festival sul Lago Biwa

Il giorno in cui si ricorda una particolare divinità, specialmente nel mondo Shinto, è detta ennichi ((縁日). L’ennichi che ricorda Jizo è celebrato il 24imo giorno del 7imo mese secondo il calendario lunare.

Approfondisci la storia del calendario giapponese
nell’articolo “I nomi dei mesi in giapponese tra tradizione e modernità

Uno dei festeggiamenti più importanti si tiene a Kinomoto, nella prefettura di Shiga, sulle sponde settentrionali del Lago Biwa, ed è chiamato Kinomoto Jizo Ennichi Festival.

Generalmente a fine Agosto, più di 170 bancarelle invitano i visitatori a indugiare tra cibi e oggetti sulla via del tempio dedicato al Buddha che guarisce i disturbi agli occhi, lo Kinomoto Jizo-in. Qui si trova una statua di Jizo alta 6 metri e che raramente viene esposta alla vista del pubblico.


I “bambini d’acqua”: il Mizuko kuyō

Jizo è conosciuto soprattutto come protettore dei bambini ed una delle cerimonie buddhiste che riguarda maggiormente questo legame è proprio il Mizuko kuyō (水子供養). Anche qui, vista la delicatezza del tema, potete saltare il paragrafo.

Kuyō, in generale, sono i “riti che si tengono in memoria di qualcuno”, mentre Mizuko , letteralmente significa “bambino d’acqua” e indica tutti i bambini che non sono mai venuti alla luce.

Il rituale si è diffuso negli Anni Settanta, ma in realtà ha origini molto più antiche. Un tempo, infatti, il rituale consisteva in offerte destinate a Jizo, affinché proteggesse i bambini.

Nel periodo Edo, quando la povertà e la fame affliggevano i più poveri, molti bambini non poterono mai vedere la luce o morirono ancora in fasce. Il Mizuko kuyō divenne dunque un modo per proteggere quei bambini, vittime della povertà, ma ancora più spesso di infanticidi.

Quanto dei riti praticati oggi sia effettivamente di origine buddhista non è dato sapere. Ogni tempio e ogni zona del Giappone celebrano questo rito in modo diverso.

Non è raro che i templi concedano una statua di Jizo alle famiglie affinché venga coperta di abiti caldi e rossi e posta poi nel giardino dei templi. Spesso vengono offerti cibi, bevande, incenso e fiori alle statue. A queste cerimonie, a volte celebrate una volta sola, altre periodicamente, può partecipare chiunque. Un modo per lenire il dolore e la perdita.


Ecco, dunque, quando camminando per le vie del Giappone vi imbatterete in una statua di Jizo (perché sicuramente accadrà), ricordatevi di queste usanze. Ricordate del perché dei bei cappellini e delle sciarpe rosse.

Dietro ai simpatici sorrisi di Jizo, si cela infatti di più, quello che ognuno di noi, viaggiatore e pellegrino, nasconde dentro di sé lungo il cammino.


FONTI:

  • S. Horton (2007). Jizo and deceased children (p. 116), in Living Buddhist Statues in Early Medieval and Modern Japan (Palgrave Macmillan).
  • Bays, Jan Chozen (2003). Jizo Bodhisattva protector of children (pp. 62-64), in Jizo Bodhisattva: Modern Healing and Traditional Buddhist Practice.
  • Khakkara (articolo di Wikipedia consultato il 28 giugno 2022).
  • Cintamani (articolo di Wikipedia consultato il 28 giugno 2022).
  • Kinomoto Jizo-in.

IMMAGINI:

  1. Pixabay;
  2. Pixabay;
  3. Pixabay.

Elisa Borgato

Lavoro come Web Editor specializzata in Viaggi & Turismo, ma qui sono semplicemente la 'Cantastorie del Giappone'. Scrivo da sempre. Amo la natura, viaggiare in solitaria, la spontaneità e gli imprevisti (anche se quest'ultimi non sempre o, almeno, non subito!). Sono laureata in Lingue e Culture dell'Asia Orientale... Sì, ho studiato il giapponese, e dal 2021 ho deciso di trasformare questa mia passione per l'Asia in un blog, LeggiMee. Qui scrivo del Giappone che mi più mi appassiona, ma racconto anche storie brevi e mi lascio andare all'improvvisazione!

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