Lo premetto subito. Non sono una fotografa e non so fotografare, tantomeno città complesse come Tokyo.
Non ho il dono di saper cogliere la bellezza con le immagini. Quello che spero, è di farlo con le parole.
Qualche giorno fa mi trovavo a passeggiare sul bordo di un marciapiede. Ero immersa nei pensieri delle cose di sempre, quasi da non renderti conto di dove fossi e con chi.
Poi, BUM, l’attimo in cui tutto cambia.
Ecco. Vorrei parlarti di quel BUM che mi è capitato oggi, proprio mentre passeggiavo ai bordi di una strada qualunque.
Da Padova a Tokyo in un attimo
Era una giornata qualsiasi, con il cielo velato e la brezza leggera dopo giornate di intensa calura.
Nulla di davvero speciale mi circondava. Eppure quel BUM c’è stato.
Tutto ad un tratto, mi sono ritrovata di nuovo lì.
E quanto vorrei avere qualche bella foto o bel video per dirti tutto in modo più diretto! Non ho però nulla. Solo ricordi ritagliati con precisione nella mia memoria e fotografie incise nel cuore.
Ah! Se solo potessi mostrarti tutto ciò.
Ti racconterei a pieni polmoni della bellezza del cielo plumbeo che soverchia Tokyo nei giorni di Luglio quando, da un momento all’altro, potrebbe iniziare l’acquazzone.
Direi anche della violenza inaudita di quegli scroscianti temporali che inabissano le strade e le persone, contro i quali nulla è possibile, se non la resa.
Forse narrerei anche di quelle strade intricate, con le loro curve ed i loro dossi, sinuose e infinite, che conducono in luoghi di Tokyo che sembrano così lontani dalla Tokyo che tutti immaginano, ma che per me ne sono stati il cuore. Tra casette basse, stradine curate e silenti giardini.
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Se avessi imparato a fotografare Tokyo e avessi prodotto immagini bellissime, così belle da strappare un grido di meraviglia anche al più impassibile, ti direi sicuramente dei fuochi d’artificio che animavano il Sumida una sera di Luglio di tanti anni fa, quando, tra folle deliranti di bellezza, il mio cuore palpitava sotto strati del più bello degli yukata, bianco con ricami sui toni del fucsia.
Direi anche del temporale che si abbattè su di noi quando i fuochi si spensero, e l’acqua riempiva le strade e le metropolitane, e noi correvamo, e correvamo più forte. Zuppi gli yukata, zuppe le nostre fragorose risate.
Proverei a raccontarti i colori. Non solo quelli delicati e tenui che dipingevano fiori e giardini, ma anche di quelli vivaci e allucinanti delle strade di Shibuya o di Akihabara. Del bianco e del nero dell’elegante Ginza.
Forse non lo sentiresti, ma ti direi anche del rumore nelle strade del divertimento, dove i pachinko assordano anche il visitatore meno sensibile; ed il silenzio totalizzante, come una coperta, che si stende su chiunque varchi le soglie di un parco.
Se avessi saputo fotografare Tokyo, ora potresti assaporare subito la bellezza di quella città che, davvero, per me è la più bella del mondo.
Ne vedresti la bellezza, ne respireresti le profonde, meravigliose contraddizioni. E vorresti tuffartici dritto dritto.
E forse penseresti anche tu che Tokyo è la città più bella del mondo.
Vorrei però provare a raccontarti anche di quelle notti, specialmente le prime che passai lì, quando, con il naso schiacciato contro la finestrella della mia minuscola camera, osservavo un cielo così luminescente da impressionarmi.
Dove il buio? Dove la notte?
Né parole né fotografie basterebbero a quel punto per dirti quale sensazione di profonda perdita e smarrimento...
Si dice che “siamo tutti sotto lo stesso cielo“.
Sarà pur vero, ma quel cielo di luce che mi soverchiava notte e giorno sembrava così diverso.
Quante le notti insonni passate ad osservarlo! A cercare di capirci qualcosa.
A voler spegnere tutta quella luce e tutta quella novità almeno fino all’indomani mattina quando, sgusciando fuori dalla mia stanzetta, avrei ricominciato ad amare la città.
Ah… se sapessi fotografare Tokyo…
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FOTO:
- La foto di copertina è di Janko Ferlic da Pixabay.
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