In un’isoletta di 4 km di circonferenza, Enoshima, si racconta ancora oggi la leggenda della sua fondazione, che ha a che vedere con una divinità, Benten, ed un Drago.
Situata alla foce del fiume Katase, l’isoletta guarda Kamakura, cui è collegata grazie ad un ponte, ed è meta molto amata da turisti e curiosi. In giornate particolarmente terse è persino possibile ammirare il Monte Fuji.
La storia di Benten e del Drago trova proprio qui il suo teatro e viene ricordata in un’opera, Enoshima Engi (江嶋縁起), scritta nell’XI secolo.
Ma chi è Benten e come si intreccia la sua storia con quella di un drago?
Chi è Benten?
Di Benten, o Bentaizen, abbiamo solo accennato quando abbiamo raccontato la vittoria dei Minamoto sugli Abe nel 1055. Se ricordi, una figura eterea apparve in sogno ai Minamoto e predisse loro la vittoria. Questa figura era proprio la dèa Benten, chiamata anche Bentaizen.
Puoi vedere
la storia della Guerra dei primi 9 Anni tra Abe e Minamoto in questo video!
La storia di Benten che andiamo a raccontare in quest’articolo è di poco anteriore. Enoshima Engi venne infatti composto nel 1047 dal monaco buddhista Kōkei.
Benten è qui celebrata come dèa protettrice del Giappone e salvatrice dei Giapponesi.
Ella, però, è soprattutto nota come una dei shichifukujin (七福神), ovvero una dei 7 dèi della Fortuna riconosciuti dalla mitologia giapponese.
Gli 7 dèi della Fortuna sono: Ebisu, Daikokuten, Bishamonten, Bentaizen (o Benten), Jurōjin, Hotel, Kichijōten.
Talvolta viene incluso anche Fukurokuju.
Nessuna di queste divinità è “autoctona”, eccetto Ebisu.
Del simpatico Ebisu e del suo legame con il popolo Ainu, ne parliamo in questo post.
Benten è chiamata in diversi modi: Bentaizen, Bentensama, Benzaitennyo.
Le sue origini sembrano riscontrabili nella dèa Hindu Saraswati, anch’essa, come Bente, patrona delle arti.
La sua figura venne poi filtrata attraverso il Buddhismo, ed è divenuta protettrice della fortuna negli affari, del talento, della musica e della bellezza.
Solitamente è rappresentata come una bella donna, spesso accompaganta da un biwa (una sorta di liuto in legno) e da un serpente bianco. Essa è patrona di artisti, scrittori, ballerini e geisha.
Infine, tra gli Dèi della Fortuna, lei è l’unica dèa.
Il Drago di Enoshima
Enoshima Engi venne scritto nel 1047 in lingua cinese (del perché a quel tempo scrivessero così, ne abbiamo parlato qui, a proposito dei sistemi di scrittura giapponesi).
Nella prima parte dell’opera, si racconta la storia di un Drago dalle 5 Teste (Gozuryu:五頭竜) che aveva la propria tana in quello che un tempo era il Lago Fukasawa, nelle vicinanze dell’odierna Enoshima.
Nella cultura giapponese, ma anche in quella cinese, i draghi sono divinità associate con l’acqua e con i fiumi. Loro potere è quello di far cadere la pioggia e controllare i venti, fino a causare vere e proprie trombe d’aria.
Nel testo, il drago ha un muso prominente, baffi sul mento, occhi che emettono raggi penetranti come il sole all’alba e il corpo circondato da nuvole nere.
Per 700 anni, dai tempi dell’imperatore Jinmu (tradizionalmente: 660-585 a.C.) a quelli dell’imperatore Suinin (tradizionalmente: 29 a.C.-70 d.C.), il drago ha vessato la zona.
Il suo potere malvagio ha causato frane ed allagamenti, provocando disordini ed epidemie tra la popolazione.
Anche durante il regno dell’imperatore Keikou (tradizionalmente: 71-130 d.C.), piogge torrenziali ed incendi hanno afflitto la popolazione, tanto da costringerla a trasferire le proprie case in caverne di roccia.
Tra il V ed il VI secolo, la follia del drago cresce tanto da arrivare a divorare bambini. Non vi era modo per sfuggire alla violenza del drago.
Per provare a placare il drago, la popolazione locale decide di offrire alla divinità una bambina in sacrificio.
A quel punto, durante il regno di Kinmei, intorno al 552 d.C., nuvoloni scuri coprono il mare in direzione della tana del drago, il lago Fukasawa.
Le nubi durano per quasi 2 settimane, mentre terremoti scuotono la terra di giorno e di notte.
La dèa Benten incontra il drago di Enoshima
La dèa Benten appare al di sopra delle nubi, circondata da servitori a destra e sinistra.
Migliaia di spiriti, di draghi, dell’acqua, del fuoco, del tuono e del fulmine, insieme a spiriti della montagna, fantasmi, spiriti dei morti e demoni, fanno scendere dal cielo grandi massi.
Contemporaneamente, fanno salire dalle profondità del mare, sabbia e roccia.
Il cielo fiammeggia sopra le schiumose onde del mare.
Improvvisamente, le nere nubi erano sparite: in mezzo al mare era comparsa un’isola, costruita dagli spiriti.
La dèa Benten infine discende sulla terra e il drago, vedendola in tutta la sua bellezza (lei brillava come una luna d’autunno avvolta nella nebbia”), non può far altro che dichiararle il suo amore.
La dèa, però, disgustata dalle sue azioni passate, lo rifiuta.
Ecco che il drago, persuaso dall’amore, promette di cambiare e di seguire gli insegnamenti della divinità.
Il drago, dunque, rivolge lo sguardo a sud, e diventa una collina. Ancora oggi la collina è chiamata Tatsu no Kuchi Yama, ovvero Collina della Bocca del Drago.
Fonti:
- Seven Lucky Gods, pagina consultata il 6/12/2021.
- The Goddess, the Dragon, the Island, by Robert A. Juhl.
Immagini:
- 36 Views of Mount Fuji – 19. The Seven-Ri Beach di Utagawa Hiroshige (1858 circa). Public domain, via Wikimedia Commons.
- Iwaya Cave. Flickr (user: Wayne Hsieh).